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Festeggiamenti in onore di Nostra Signora di Bonaria: omelia dell’Arcivescovo di Leopoli Mons. Mokrzycki

L’Arcivescovo latino di Leopoli (Ucraina), Mons. Mieczysław Mokrzycki, ospite dei festeggiamenti in onore di Nostra Signora di Bonaria, patrona massima della Sardegna. Di seguito l’omelia pronunciata durante la Celebrazione Eucaristica.

San Giovanni Paolo II disse anni fa: “La Chiesa è nata dal mistero della Redenzione – e di questo mistero vive ogni giorno. In questo mistero trova la più profonda ragione dell’esistenza. Questo mistero annuncia e proclama nel Vangelo. Questo mistero celebra nei sacramenti, soprattutto nell’Eucaristia”.

Cari Fratelli e Sorelle! Come abbiamo ascoltato, la comunità ecclesiale che noi formiamo, è nata dal mistero della Redenzione, mistero che viviamo e al quale poniamo particolare attenzione ogni domenica, quando celebriamo il ricordo della Risurrezione di Cristo!

In quanto comunità ecclesiale siamo testimoni della verità che il nostro Signore Gesù Cristo, condannato sotto Ponzio Pilato, subì la passione e fu crocifisso, morì e fu deposto nella tomba, ma dopo tre giorni risuscitò dai morti, così come annunciano le Scritture, e in esse i racconti dei testimoni oculari di questo evento.

Come San Giovanni Apostolo, che insieme a San Pietro correva al sepolcro, così anche noi ogni domenica siamo invitati a quadrare dentro il sepolcro vuoto. Chiediamoci, però, se siamo in grado di ripetere con l’Apostolo: ho visto e ho creduto? E se pur avendo visto e creduto, sono anche testimone del Risorto?

La domanda – se sono testimone – oggi assume un significato particolare. E questo a motivo della guerra e della difficile situazione che in seguito alla terribile vicenda si è creata e che sperimenta la nazione ucraina e insieme ad essa la comunità ecclesiale.

A questo punto permettetemi che con i miei ricordi torno qualche giorno indietro – alla Domenica di Pasqua – che la guerra ha ricoperto e ha offuscato con la sua ombra.

Quando siamo usciti dalla cattedrale di Leopoli con la processione della domenica di Pasqua, eravamo consapevoli che in molti luoghi del nostro paese non soltanto non si è celebrato la messa di Pasqua, ma nemmeno si è potuta svolgere la liturgia del Triduo Pasquale. In diversi posti e località la gente non ha potuto preparare la colazione o il pranzo di Pasqua, perché le loro case sono state distrutte. Per molte persone, l’uovo benedetto, simbolo della vita, ha assunto un significato particolare, quando dovevano condividerlo con altri tra le rovine e le macerie. La guerra ha rubato alla gente la gioia di questa più importante festa cristiana, quale è proprio la Pasqua. Come è difficile parlare di tutto questo senza tristezza e rancore nel cuore. Non ho mai pensato che mi toccherà vivere i tempi, in cui il delitto di Caino non sarà soltanto una descrizione biblica, ma diventerà una vera e crudele realtà presente tra noi, uomini di oggi.

Nonostante tutte queste difficili circostanze, la fede ci ha dato coraggio di annunciare, sopra i cumuli di macerie, di rovine e di immenso odio, che con noi è presente Cristo Risorto, e che le parole della Sequenza pasquale: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”, portano la speranza della vittoria di amore e di pace.

E anche se sulla nostra terra la morte si è confrontata con la vita in un sanguinoso duello, che vediamo per esempio nelle città di Mariupol e di Irpin, di Kharkiv e di Bucha, a Kherson, oppure negli ospedali, scuole o intere città e villaggi bombardati, nonostante tutto questo vale la pena gridare, come testimoni di Cristo Risorto, che la morte perderà!

Anche se infligge sofferenza e ha unito le sue forze con l’odio, la morte definitivamente verrà sconfitta, perché essa non è la vita. La vita vittoriosa, la vita che trionfa, è Cristo Risorto!

Per questo motivo, essendo ora in mezzo a voi e portando con me la sofferenza di bambini, madri e padri, ma anche il coraggio di tutti coloro che difendono in modo così valoroso la propria Patria, oso gridare, nonostante il dolore e la disperazione, proprio tra voi che vivete in un mondo libero e sicuro – Gesù è vive, Gesù è il Vivente! E insieme a Lui vive la nostra fede, vive la speranza e non muore l’amore!

Vive l’Ucraina ferita. Vive la Chiesa, nel quale regna Cristo e insieme a Lui regna amore e non rabbia; vita e non morte. E così avviene perché, in mezzo all’oppressione e all’afflizione, abbiamo scelto Cristo e insieme a Lui la vittoria, perché chi crede in Dio vede la Sua presenza nella propria vita.

Cari Fratelli e Sorelle!

Permettetemi ancora un’altra riflessione, che riguarda il vostro atteggiamento. Mi riferisco alla vostra risposta alla guerra, alla sofferenza, alla miseria della gente. E di nuovo ritorno alle parole di Gesù che descrivendo il giudizio universale, disse: “Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…” (Mt, 25, 35-36), e poi continuò: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Ringrazio Voi, la Chiesa in Italia e tutto il popolo italiano per quello che avete fatto a favore di coloro che vivono in mezzo alla guerra e di coloro che, salvando la propria vita e soprattutto preservando il loro tesoro più grande che sono i figli, hanno dovuto lasciare la propria Patria – Ucraina. Ringrazio per ogni vostro aiuto e gesto di solidarietà. Così si manifesta proprio il Vangelo vivo. Così si realizza il vero cristianesimo e in questi momenti si riconoscono i veri amici. Per questo vi ringrazio per la reale amicizia e la vera testimonianza cristiana, di cui ha parlato l’Apostolo Giacomo: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?… Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta… mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Giac 2, 14. 17-18). Vi ringrazio per l’atteggiamento di fede perché essa ha dato vita all’amore dei fatti concreti e in questo modo è nata la speranza e la fiducia che non siamo soli e che ci sono con noi le persone di buona volontà.

Al termine di questa riflessione voglio ricordare qui le parole del vescovo di Regensburg, Mons. Michele Sailer, che visse tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. In una delle sue riflessioni, egli insegnava:

“La gente scrive sulla carta – Dio nei cuori;

La gente scrive con l’inchiostro – Dio scrive con la grazia dello Spirito Santo;

La gente scrive usando le lettere – Dio scrive usando l’amore”.

Auguro a tutti noi che possiamo essere in grado di scrivere come scrive Dio: con il cuore, con la grazia e con l’amore. Amen.