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Giubileo dei Giovani

Incontro dei giovani italiani: testimonianza di Nicolò Govoni

Sapete qual è la cosa più sovversiva che potete fare al giorno d’oggi? La più strana, la più folle, la più rivoluzionaria? Avere speranza.
Guardatevi intorno. Viviamo in un mondo che punta tutto sul pessimismo. Sulla diffidenza.
Sulla divisione. E sapete perché? Perché vende. La disillusione vende. La società che ci circonda è congegnata per generare insoddisfazione, così da farci bramare ciò che
pensiamo ci manchi. Inseguiamo distrazione su distrazione per sfuggire al vuoto che ci sentiamo dentro. Ci convincono del fatto che nulla possa mai cambiare davvero, e quindi perché provarci?
Ci piace pensare che i problemi del mondo siano competenza altrui, che verrà qualcun altro, un supereroe di sorta, a risolverli, a combattere le nostre battaglie, a fare il lavoro sporco.
Perché? Perché noi non siamo abbastanza bravi, abbastanza forti, abbastanza ricchi...
Anch’io ero così. Indifferente. Privo di direzione. Tutti i miei sogni - e i miei ideali - a prendere polvere in un cassetto. “Finirai a inscatolare le merendine in fabbrica,” mi disse una prof al liceo. Le ho quasi creduto. Fallivo in tutto: pluribocciato, problemi interpersonali, quasi arrestato. Ma poi ne ho incontrata un’altra, di prof. “Credo in te,” mi ha detto. “Sei meglio di così. Puoi farcela.” Il suo nome è Nicoletta, e mi ha cambiato per sempre la vita.
È grazie a lei che ho trovato il coraggio di lasciare tutto e partire per l’India come volontario.
Laggiù, circondato da venti orfani, ormai dodici anni fa, ho scoperto la mia chiamata.
Esserci. Essere in prima linea. Essere quello che ci prova, anche quando chiunque altro mollerebbe. Essere fiducioso che il mondo si possa cambiare davvero. Esserci. Restare.
Dedicare la vita. Come disse un uomo ben più saggio di me, “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Avevo vent’anni. Oggi, di anni, ne ho trentadue.
Ho fatto di quella chiamata la mia missione di vita. Ho aperto Scuole tra Grecia, Siria, Kenya, Congo, Yemen e Colombia.
Non è stato facile. Più volte ho ceduto, seppur momentaneamente, al pessimismo, al cinismo, alla diffidenza. Rispondere alla chiamata non significa essere immuni alla
debolezza e alle male influenze. Significa riconoscerle e scrollarsele di dosso. Sono caduto.
Ho fatto errori. Ho fallito, ancora e ancora, anche dopo aver trovato la mia strada. Ma mi sono sempre rialzato.
Sapete come? Con la fede.
La fede in qualcosa di più grande di me. Qualcosa per cui valesse la pena di continuare a combattere.
Il segreto sta tutto qui: trovate qualcosa che vi riempia il cuore, e dedicategli la vita.
È così che capirete la cosa più importante: il supereroe che vi hanno insegnato ad aspettare, quello forte e bravo e capace abbastanza da risolvere i problemi del mondo, non arriverà
mai. È già qui.