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Giubileo dei Giovani

Incontro dei giovani italiani: videomessaggio del Card. Pizzaballa

Carissimi fratelli e sorelle,
cari amici, care amiche,
saluto voi tutti, soprattutto voi giovani riuniti a Roma in occasione del Giubileo e anche per rinnovare insieme ai vostri Vescovi e con il Successore di Pietro, Papa Leone, la vostra professione di fede. Mi è stato chiesto di dire una parola dalla Terra Santa: il primo degli Apostoli, San Pietro, è partito proprio da qui, per arrivare a Roma, comunicare il messaggio e l’esperienza di Cristo a tutto il mondo e custodire la fede nella Chiesa. Stiamo vivendo, qui in Terra Santa, un momento molto complesso, molto difficile: le morti non si contano, la mancanza dei medicinali, la mancanza di cibo, la fame non sono una teoria, sono una realtà concreta che colpisce direttamente migliaia e migliaia di persone in maniera inimmaginabile.
Tutto sembra parlare di morte, di odio, di distruzione, di violenza, sembra una notte che non finisce mai. Purtroppo la notte, l’oscurità, sembra veramente essere il criterio di riferimento per molti.
Però è importante anche dire una parola di fede, avere uno sguardo di fede, uno sguardo libero che non parta solo dal dolore: il dolore c’è e non lo possiamo negare e dobbiamo esserci, essere dentro quelle situazioni di dolore, per portare conforto e consolazione. Quindi non possiamo negare l’evidenza, ma non possiamo fermarci al dolore. Abbiamo bisogno di questo sguardo di fede che ci aiuta a ritrovare, a vedere dentro questa notte interminabile, i punti di luce. Sono tantissime le persone che, ancora oggi, a Gaza, in Israele, in tutta la Terra Santa, sono pronte a dare la vita per l’altro, a mettersi in gioco, rischiando la propria vita perché a Gaza è pericoloso uscire per strada e in Israele fare qualcosa a sostegno di Gaza non è sempre compreso e, quindi, si va incontro a tante incomprensioni.
Sono tante le persone che, in questo mare incredibile di sfiducia e di odio, sono ancora capaci di mettersi in gioco per fare qualcosa per l’altro, perché credono nell’altro e non si arrendono a questa situazione di “io e nessun altro”, ma puntano sul “noi insieme”. Questo è il futuro della Terra Santa, lo si voglia o no: tutti resteremo qui, tutti dovremo trovare un modo per ricominciare e per riprendere.
Le persone, che danno la vita, rendono la presenza e la consolazione di Dio concreta e visibile attraverso la loro testimonianza, attraverso i sacerdoti, con i Sacramenti, attraverso i tanti volontari delle varie associazioni, cattolici e non cattolici, di tutte le fedi. È molto bello vedere come si possa dare concretezza alla parola “speranza”, che in questo Giubileo è così importante e che sembra così lontana dalla nostra esperienza. Bisogna guardare queste persone, tenerle vicine perché verrà il momento in cui – quando si dovrà ricominciare a ricostruire tutto quello che è andato distrutto –
saranno necessarie: avremo bisogno di uno sguardo nuovo, capace di guardare oltre se stessi. Solo le persone che in questo drammatico momento sono capaci di non fermarsi al proprio dolore – che c’è, che rimane - ma di dare uno sguardo al dolore dell’altro, a venirgli incontro, saranno anche capaci di costruire il futuro e di dare concretezza alla speranza.
Come Chiesa dobbiamo essere lì, dentro tante difficoltà e incomprensioni, nel dialogo, nella discussione, anche dialettica se necessaria, dobbiamo essere capaci, come i primi Apostoli, come Pietro, di portare una parola, un linguaggio che costruisce, che apre orizzonti, che crea occasioni di fiducia. Innanzitutto con i gesti, perché le parole da sole non bastano, devono essere accompagnate da gesti concreti, di vicinanza, di empatia, di amore, che non sono solo umani, ma sono bagnati, segnati, dalla grazia di Dio, che Gesù Cristo, il Cristo risorto, ci ha consegnato. Non dimentichiamo che il primo saluto del Risorto è “pace a voi”. Questo Risorto oggi lo vediamo nelle tante persone che ancora credono che la pace non sia un miraggio o solo uno slogan, ma qualcosa di concreto che si può costruire. Tutti insieme, ciascuno nel proprio contesto, dobbiamo diventare operatori di pace, capaci di dire con il Risorto: la pace sia con voi. Una pace che non è solo un augurio, ma è vita vissuta e sperimentata.
Qui è ancora possibile, sono certo che lo sia in Italia o ovunque, basta volerlo, basta crederci e mettersi in gioco, come tanti uomini e donne di ogni tempo e ovunque, anche in Terra Santa. Grazie per quello che state facendo, per la vostra vicinanza che abbiamo sentito molto concreta e molto tangibile. Vi attendiamo, speriamo che presto questa guerra finisca, i pellegrinaggi possano riprendere e che possiamo rincontrarci e abbracciarci a Gerusalemme.
Tanti auguri e buon pellegrinaggio sulle orme di Pietro, insieme a Pietro.