Omelia di Mons. Sabino Iannuzzi per l’Ordinazione Presbiterale di don Michele Mingolla
Fratelli e sorelle carissimi, grazie che questa sera siete qui!
Gesù ha detto a Natanaele «Vedrai cose più grandi di queste», promettendogli che avrebbe visto il cielo aperto e il Figlio dell’uomo circondato dalla danza gioiosa e festante degli angeli. E questa sera tutti noi stiamo partecipando a qualcosa di straordinario e sono sicuro che “dal balcone del cielo” siano affacciati anche gli angeli di Dio. Don Michele, invitandovi a questo evento di grazia, con le parole del salmo 138, ci ha chiesto di cantare insieme con lui davanti agli angeli e noi tutti con lui lo stiamo facendo, perché «grande è la gloria del Signore», che continua a manifestarsi nella piccolezza e nella fragilità delle creature umane.
Permettetemi che rivolga anzitutto un caro saluto ai genitori ed ai familiari di don Michele; al Vicario generale, Mons. Renzo Di Fonzo; a don Giuseppe Ciaurro, Parroco di questa comunità massafrese; alla numerosa schiera di sacerdoti originari di Massafra, ad iniziare dal più longevo Mons. Cosimo Damiano Fonseca.
Un caro saluto, con un dovuto ringraziamento per il suo delicato servizio di formatore, a don Gianni Caliandro, Rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio XI” di Molfetta che, come ci ha ricordato nella presentazione, ha curato la formazione di don Michele e con lui a tutti i sacerdoti presenti, i diaconi e i seminaristi.
Così come un deferente saluto alle autorità civili e militari, ad iniziare dal Sindaco della Città, Avv. Fabrizio Quarto.
Non posso nascondervi che in questo particolare momento, al sentimento di gioia si alternano in me “emozione e timore”. È questa la mia prima ordinazione presbiterale. Emozione e timore per questo responsabile ministero d’amore che il Signore ha consegnato nelle mie fragili mani: quello di poter generare figli alla sua Chiesa; fratelli nel sacerdozio ministeriale; padri nella vita spirituale e di fede; ministri della Parola di Dio e dell’altare; servi dei poveri ed amici e fratelli di tutti.
Stiamo vivendo – con stupore e gratitudine – questo particolare tempo di grazia, non solo per la nostra Chiesa diocesana di Castellaneta, ma per la Chiesa tutta. Si tratta di un momento che ci permette di guardare avanti con grande speranza; quella (speranza) che proviene dalla capacità di affidare – sempre e di nuovo – la nostra vita nelle mani del Signore, che continua a manifestarci la sua fiducia, ben consapevole della nostra misera collaborazione.
Per tutti il Signore ha un particolare disegno d’amore, che dà senso e valore alla vita di ognuno e con la chiamata di don Michele (così come con quella di don Tommaso e don Francesco che saranno ordinati nelle prossime settimane) sta assecondato la preghiera della nostra Chiesa e – nella circostanza particolare – sta guardando con predilezione a questa Parrocchia di San Lorenzo.
Comunità parrocchiale in cui è sbocciata e maturata la vocazione di don Michele, grazie anche alla testimonianza dei suoi pastori e qui il pensiero, conoscendone il legame con l’eletto, corre d’obbligo a don Sario Chiarelli e a don Fernando Balestra. Una vocazione, quella di don Michele, che ha trovato la sua naturale culla nell’esperienza di fede familiare, che non solo ha saputo accogliere responsabilmente il dono della vita, ma soprattutto, prima negli anni del Seminario minore di Castellaneta e poi in quelli del Seminario maggiore a Molfetta, ha saputo custodire ed accompagnare questo dono di grazia.
Celebriamo questa ordinazione in un giorno particolare per la città di Massafra, siamo nei primi Vespri della solennità del Santo Patrono “l’Arcangelo Michele”, che la liturgia associa agli altri due arcangeli: Raffaele e Gabriele, offrendoci di fatto non pochi spunti di riflessione a partire proprio dal messaggio legato alla loro stessa figura.
In particolare: Michele ci insegna come testimoniare con la nostra vita che solo Dio è il Signore; Gabriele, il noto arcangelo degli annunci della volontà di Dio, ci riporta a quella responsabilità, che deve animare il discernere e l’attuare il progetto del Signore su di noi; Raffaele che ci stimola a prenderci cura di chi necessita di essere accompagnato e soccorso nelle fragilità della vita.
Consapevoli di questi particolari aiuti angelici – e chiedendoli questa sera tutti per te, carissimo Michele – vorrei sostare sulla Parola di Dio proclamata, la quale ci ha ricordato l’esigenza di dare in tutto il primato all’adorazione e alla lode di Dio, animati da una speranza che di per sé è già vittoriosa, perché si identifica nella persona stessa di Colui che è la nostra unica speranza, Cristo Gesù, che ci rivolge l’invito a seguirlo e ad imitarlo nel renderci servi per amore di Dio e del prossimo.
Il profeta Daniele – nella prima lettura – annuncia la novità del Regno di Dio che vince tutte le potenze del male e si presenta in uno scenario celeste, dove il “Vegliardo”, cioè Dio, conferisce al suo Figlio Unigenito i caratteri della regalità, con il dono “del potere, della gloria e del regno”, che non vedrà mai la fine, e tutte le creature spirituali saranno lì ad assisterlo e a servirlo.
Non è difficile cogliere in questo denso scenario un messaggio indirizzato a tutto il popolo cristiano, specialmente ai pastori. Sul modello degli angeli la nostra lode, la nostra adorazione e il nostro servizio devono avere come termine unico Dio e il Suo Figlio Unigenito. Chi è chiamato all’Ordine Sacro deve avere chiara la consapevolezza di essere solo uno strumento, cui è chiesto di vivere in tutto il primato dell’adorazione e della lode a Dio, abbracciando lo stile del servizio e trasformando la propria esistenza in un’esperienza d’amore, che è dono da offrire gratuitamente, come senza alcun merito è ricevuto.
In questa luce, carissimo Michele, ti viene chiesto di vivere il dono di grazia del presbiterato che stai per ricevere riservando sempre e in tutto il primo posto all’adorazione umile e gioiosa del Signore e alla comunione intensa e fedele con Lui.
E’ l’invito ad incarnare e vivere quanto abitualmente preghiamo nella seconda prece eucaristica del nostro Messale, ereditata dalla Tradizione Apostolica di Ippolito romano (del III secolo), che descrive la natura del ministero sacerdotale con le parole del Libro del Deuteronomio: astare coram te et tibi ministrare, ossia: stare davanti al Signore e solo Lui servire. Motivo per il quale, caro don Michele, dovrai sempre rendere grazie perché Lui e Lui solo, il Signore «ci hai resi degni di stare alla sua presenza a compiere il servizio sacerdotale».
Giovanni nel testo dell’Apocalisse ha presentato l’Arcangelo Michele e i suoi Angeli impegnati nella guerra voluta dall’Avversario, il grande drago (il serpente antico), mettendo in luce come l’esistenza del credente è chiamata a lottare continuamente per il bene, consapevole della certezza dell’esito vittorioso grazie alla salvezza offerta in Cristo. Una vittoria assicurata dalla vicinanza divina per quanti si schierano per la causa del Regno, ben sapendo che il male è di breve durata e che l’attesa del bene, insita in ogni uomo, non sarà mai offuscata definitivamente.
Ognuno, allora, deve sentirsi interpellato a compiere sempre la propria parte, senza nulla anteporre a Dio e agli altri. Tutti i cristiani con i loro pastori sono invitati a superare vittoriosamente le insidie del male, consegnandosi totalmente nell’aiuto del Signore, certi che nessuno è come Dio. Proprio per questo la speranza del credente è superiore ad ogni prova. Anzi la speranza cristiana è certezza di vittoria, perché si identifica con Colui che ha vinto per noi.
Tale sia sempre la tua speranza, caro Michele. Nei momenti di fatica o di prova, nelle difficoltà – che nel ministero presbiterale non mancano mai – ricordati della promessa del Signore, che è certezza di fedeltà incondizionata. Avanza sempre, nella via dell’obbedienza e della libertà dalle insidie delle tante schiavitù che ti circonderanno, perché è il sangue dell’Agnello – il solo – che salva. Quel sangue di cui ci nutriamo nell’Eucarestia. Non allontanarti mai da questo sacramento che è «farmaco d’immortalità». Cerca sempre di meravigliarti e di stupirti per questo grande dono, che da oggi è posto nelle tue mani; trascorri del “tempo” con il Signore nella celebrazione della Santa Messa, così come nella preghiera personale e nell’adorazione del Santissimo Sacramento. Papa Francesco nel 2014 ammoniva dicendo: «Non servono preti clericali, il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione».
L’evangelista Giovanni, infine, nella pagina del Vangelo, ci presenta la situazione di stupore di Natanaele quando Gesù gli mostra di conoscerlo. La sua replica dubbiosa all’invito di Filippo mostra come egli non avesse compreso la logica del cuore di Dio. Pur se pio israelita e fedele alle promesse, Natanaele ha bisogno di prove.
Ogni vocazione – nella Chiesa – nasce sempre da un incontro, con Gesù e il suo messaggio. Ma, necessita di segni, perché sia offerta a Dio una risposta ragionevole, rispettosa della dignità della creatura umana, ma aperta alla fiducia in Lui e pronta perciò con slancio all’invito: «Vieni e Vedi».
All’incontro fa seguito un dialogo tra Gesù e il chiamato. Un dialogo in cui tutti provano ad obiettare formulando domande, come fece lo stesso Natanaele: «Come mi conosci?». Un processo, però, nel quale si è continuamente spinti verso l’accoglienza divina: «Vedrai cose maggiore di queste» e «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’Uomo». Si tratta di parole che garantiscono la comunione tra il cielo e la terra, quell’alleanza che si realizza pienamente in Cristo, la vera scala che congiunge il cielo e la terra, il divino e l’umano. Solo nella fede, la nostra vita è spinta oltre la realtà visibile. Solo affidandosi totalmente a Dio, si rinnova la bellezza di quella sequela umile e gioiosa del Signore. Un’alleanza che deve esprimersi con gesti concreti: gesti d’amore e di servizio, nell’imitazione di Colui che è entrato nella storia ed ha scelto di abitare la fragilità degli uomini, non per essere servito, ma per servire e, con la sua proposta, ci chiede di farci servi per amore di Dio e del prossimo.
Caro Michele, che con la tua vita sacerdotale, possa essere sempre e per tutti – con l’aiuto e sull’esempio del Signore – il servo disposto a dare tutto di sé per amore, senza trattenere nulla per sé.
Il Signore, lo sappiamo bene, continua a lavorare “nella vigna del Signore”, nel cuore di tutti, anche di chi all’apparenza sembra essere più lontano.
Il tuo sì a Lui, oggi, caro Michele, può essere una forte e convincente testimonianza soprattutto per tanti giovani che sono in ricerca.
Di fatto, sappiamo bene che Natanaele non è andato di sua iniziativa da Gesù, ma perché Filippo gli ha detto di aver incontrato il Messia e di fronte alla sua obiezione – «da Nazaret può venire qualcosa di buono?» – ha semplicemente proposto: «Vieni e vedi». Ed allora ti auguro di cuore, caro Michele, che tu possa annunciare, anzitutto, con la testimonianza credibile e responsabile della vita, e poi se necessario con le parole, in particolare ai giovani, la proposta: «vieni e vedi».
«Padre santo, nella tua immensa bontà hai voluto donare al tuo popolo pastori che annunciano la tua misericordia. Dona a questo tuo figlio, don Michele, che hai chiamato a servirti, di rimanere sempre nel cuore di Gesù buon Pastore, perché nel suo ministero custodisca con gratitudine il dono da Te ricevuto a servizio della Chiesa». E tu, o Vergine Maria, Madre dei sacerdoti, partecipa a questo nostro fratello il segreto della tua fedeltà, del tuo servizio, della tua immensa carità. Ripetigli, oggi e sempre, le parole a te rivolte dall’arcangelo Gabriele: “Non temere”. Rendilo coraggioso e forte, mite ed umile come lo fu Gesù tuo Figlio. Amen!».