Ordinazione Presbiterale di don Lorenzo Montenegro: l'omelia di Mons. Sabino Iannuzzi
Carissimi fratelli e sorelle,
siamo immersi nel tempo natalizio e, mentre muoviamo i primi passi del cammino giubilare, ci ritroviamo come Chiesa diocesana per accogliere un vero “segno di speranza”: l’ordinazione presbiterale di questo nostro fratello. Per lui, fin d’ora, invochiamo la forza dello Spirito Santo, affinché lo sostenga in questo ministero a servizio della Chiesa e del popolo di Dio.
Rivolgo un affettuoso saluto a don Lorenzo Montenegro, ai suoi familiari (in particolare alla mamma, al papà e alla sorella), a tutti voi che partecipate a questo evento di grazia, a don Gianni Caliandro, Rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio XI” di Molfetta, insieme all’équipe dei formatori che hanno accompagnato questo nostro fratello negli anni della formazione.
Saluto anche le Comunità parrocchiali di Maria SS.ma Annunziata di Palagiano, comunità di origine del caro don Lorenzo, e di San Nicola, che ci accoglie per la circostanza, con i rispettivi Parroci (don Lorenzo Cangiulli e don Francesco Zito).
Un pensiero di gratitudine va poi all’intero presbiterio – iniziando dal Vicario generale, Mons. Renzo Di Fonzo – ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi, alla corale, all’Avv. Domiziano Lasigna, Sindaco di Palagiano e alle altre autorità civili e militari presenti.
Celebriamo questo “dono di grazia” nel giorno in cui la liturgia fa memoria del Santissimo Nome di Gesù, la cui devozione fu fortemente diffusa da San Bernardino da Siena nel XV secolo. Egli rese celebre il Trigramma IHS – le prime tre lettere del nome di Gesù in greco – raffigurandolo su un sole raggiante a dodici raggi, simbolo della sua diffusione attraverso l’azione dei Dodici apostoli, cioè la Chiesa. Con questo segno, invitava a proclamare la dolcezza e la potenza di questo Nome, considerandolo: «grande fondamento della fede… luce ai predicatori… porta della vita» (S. Bernardino da Siena, Sermone 49, art. 1 in Opera Omnia, IV, pp. 495 ss). Sulle orme di san Francesco d’Assisi, che ardeva di devozione al Nome di Gesù, egli mostrava come anche un semplice trigramma potesse riempire il cuore di speranza e scacciare ogni timore. Da oggi, caro don Lorenzo, questo Nome diviene ancor più il tuo riferimento perché, con l’ordinazione presbiterale, sarai chiamato a configurarti sempre di più a Cristo per continuare la sua opera di salvezza, come custode di quella “speranza che non delude” (cfr. Rm 5,5).
Nel passo di Geremia abbiamo ascoltato l’esperienza di un uomo totalmente conquistato dalla Parola di Dio: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16).
Eppure, il profeta avverte il peso e l’isolamento che comporta il rimanere fedele a questa missione. È un destino spesso comune ai profeti, perché testimoniare la Parola può richiedere un prezzo alto da pagare.
Caro don Lorenzo, anche tu, come Geremia, sei chiamato a “divorare” la Parola di Dio, accogliendola nelle profondità della tua esistenza, perché sia la tua gioia e la tua forza. Nello stesso tempo, dovrai annunciarla con coraggio e passione alle comunità che ti saranno affidate.
Sappi che la Parola non sarà sempre comoda; talvolta ti porterà a scelte difficili e a momenti di solitudine. Ma il Signore, come a Geremia, promette anche a te: «ti renderò come un muro durissimo di bronzo. Combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te» (Ger 15,20).
Una Parola che – come ricorda il salmista – ci rivela che il nostro compito è quello della lode: «Lodate, servi del Signore, lodate il nome del Signore» (Sal 113,1).
Tutti noi cristiani, e in modo speciale i sacerdoti, siamo chiamati a benedire il nome di Dio, a proclamare la sua misericordia, a riconoscere la sua salvezza. In un tempo segnato da sfiducia, relativismo e indifferenza, il sacerdote è colui che canta la speranza e testimonia la presenza di Dio nella storia.
San Paolo, nella seconda lettura (Fil 2,6-11), in pochi versetti concentra il mistero dell’Incarnazione: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2,6-8).
Sono parole che tracciano il volto autentico del vero Servo. Gesù non si è opposto alla volontà del Padre, ma ha percorso la via dell’umiltà, della condivisione e del dono totale di sé. Ed è proprio per questo che «Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome» (Fil 2,9), affinché «ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”» (Fil 2,11).
Caro don Lorenzo, il ministero che oggi ricevi affonda le sue radici in questa stessa logica di umiltà e di servizio. Non è un potere da gestire, ma un dono da accogliere, custodire e offrire. La grandezza di un prete non risiede nel prestigio o nel riconoscimento umano, ma nella trasparenza dell’amore umile e obbediente di Cristo. È così che anche tu sperimenterai la vera esaltazione, che viene da Dio e non dal mondo.
Nella pagina del Vangelo abbiamo ascoltato la narrazione della nascita di Gesù dal punto di vista di Giuseppe, uomo giusto ed obbediente alla parola dell’angelo: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa… Tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21). Giuseppe accoglie il disegno di Dio e diventa custode della Santa Famiglia, del Verbo fatto carne.
È significativo che, in questa festa, ricordiamo Giuseppe mentre dà al bambino il nome “Gesù”, ossia “Dio salva”. Quel nome racchiude già la missione del Figlio di Dio: salvare l’umanità dal peccato e ricondurla all’abbraccio del Padre.
Caro don Lorenzo, anche tu oggi diventi partecipe di questo Nome che salva. Come presbitero, sarai strumento della sua misericordia, chiamato a pronunciare il nome di Gesù nelle situazioni più difficili, a portare speranza dove regnano scoraggiamento e paura. L’umanità ha sempre bisogno di ascoltare e sperimentare che Dio salva, che Dio è vicino. Tu sarai riflesso di questa vicinanza divina, soprattutto attraverso la celebrazione dei sacramenti, l’ascolto della Parola, l’accompagnamento spirituale e l’offerta quotidiana di te stesso.
Nella storia della salvezza, il nome ha da sempre indicato una missione, un’identità nuova, un’appartenenza particolare a Dio, pensiamo a Israele, Giacobbe, Pietro, Paolo… ciascuno ha ricevuto un nome o un soprannome nuovo per esprimere il legame profondo con il Signore.
Il Libro dell’Apocalisse parla di un segno unico: una pietra bianca con inciso un nome nuovo, che solo chi la riceve può davvero comprendere (cfr. Ap 2,17). È l’immagine della singolarità (della peculiarità) di ogni vocazione: il dono di grazia personale che il Signore ci affida per viverlo nella Chiesa e nel mondo.
Con l’ordinazione presbiterale, anche tu, caro don Lorenzo, ricevi un “nome nuovo”: sei costituito sacerdote di Cristo nella sua Chiesa. Non si tratta di imitare un modello predeterminato di sacerdote, ma di scoprire – con i diversi talenti e le grazie che hai ricevuto – lo stile unico con cui esercitare il tuo ministero, a servizio della comunità. La Chiesa ti offre riferimenti sicuri e modelli santi, ma spetta a te, plasmare un ministero vivo, fecondo e creativo, capace di parlare al cuore degli uomini e delle donne di oggi. Rifugi da un ministero “fotocopia” degli altri, sii sempre te stesso.
Ricorda che il presbitero è soprattutto un uomo disponibile all’ascolto:
- innanzitutto, di Dio nella preghiera e nella contemplazione della Parola;
- poi, dei fratelli e delle sorelle, specialmente dei più deboli e smarriti.
Sii un pastore dal cuore aperto, pronto a discernere e perdonare. Ricorda che il tuo ministero non è mai un possesso personale, ma una grazia da mettere a disposizione di tutto il popolo di Dio. Porta ovunque il Nome santo di Gesù, che dona speranza, pace e salvezza. Sii un sacerdote umile, come il Maestro che «non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45). E quando le difficoltà si faranno sentire, abbi fiducia e ricorri alla fonte della pace interiore: la relazione personale con il Signore ed egli ti ripeterà, come al profeta Geremia: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza» (Ger 15,19).
Carissimo don Lorenzo, la Chiesa ti accoglie oggi nel suo presbiterio e ti affida una missione esaltante: essere amministratore dei misteri di Dio, custode della Parola e servo della Comunità. E “non temere” perché come ha promesso a Geremia, come ha fatto con Giuseppe, come ha esaltato Cristo obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,8), il Signore sarà sempre con te. Come insegna Santa Chiara d’Assisi nella sua benedizione, la grande sfida è fare in modo di essere sempre con Lui: «Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui» (FFFF 2858).
Mentre viviamo il tempo del Giubileo, come “pellegrini di speranza”, invochiamo con fiducia il Nome che salva, consapevoli che il cammino di ogni credente è un pellegrinaggio esodale verso la pienezza della vita in Dio. Proprio invocando e celebrando il Nome di Gesù, potremo testimoniare la forza della misericordia e dell’amore di Dio nel mondo di oggi.
La Vergine Maria, Madre dei sacerdoti, a cui vogliamo affidarti, ti accompagni ogni giorno nel rinnovare il tuo “sì, lo voglio”, che tra poco proclamerai pubblicamente. L’intercessione del Santissimo Nome di Gesù sia per te luce che orienta i tuoi passi, gioia che sostiene il dono della tua vita e forza che incoraggia il tuo ministero. Amen!
+ Sabino Iannuzzi