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Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore: l'omelia di Mons. Sabino Iannuzzi

Lunedì 6 Gennaio 2025 Mons. Sabino Iannuzzi ha presieduto presso la Chiesa Cattedrale di Castellaneta la Santa Messa nella Solennità dell'Epifania del Signore. Di seguito il testo dell'omelia.

Cari fratelli e sorelle,

celebriamo l’Epifania del Signore, la festa che ci ricorda come Gesù si manifesti a tutti i popoli, senza distinzione alcuna. La festa dei cercatori di Dio, perché Dio è sempre da scoprire e riscoprire, e quando pensi di conoscerlo, c’è sempre bisogno di ricominciare.

Come i Magi, soprattutto in questo anno di grazia del Giubileo, rinnoviamo al Signore la richiesta di una stella, che ci permetta di sollevare i nostri occhi. Come il profeta Isaia, invitato ad «alzare gli occhi intorno e guardare, per essere [persone] raggianti e dal cuore palpitante e dilatato» (cfr. Is 60,4-5), così da spalancare le finestre della propria vita al grande respiro del mondo, al fine di «nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù» (Spes non confundit, 5).

Ma come i Magi, pellegrini di speranza (cfr. ibidem), – uomini saggi che scrutano il cielo non per cercare di leggere il futuro negli astri, ma per trovare un senso alla loro vita, perché nel cielo hanno visto sorgere una stella nuova – dobbiamo chiedere al Signore anche la grazia del coraggio di ripartire ogni volta che lo smarrimento prevale nelle pieghe della storia, sostenuti dalla speranza che ci indica sempre strade nuove. Lo cerchiamo non con l’ambiguità degli scribi di Gerusalemme che sapevano – «A Betlemme di Giudea [deve nascere]» (Mt 2,5) – ma non si muovono, non credono. La vera sapienza, quella per la vita, non è frutto della semplice conoscenza speculativa, ma della vera passione, che permette di «portare dentro di sé la bellezza che, armonizzata dalla preghiera, conduce a ringraziare Dio per le meraviglie da Lui compiute» (Spes non confundit, 5).

Il profeta Isaia ci rivolge un invito semplice ma forte: «Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce» (Is 60,1). Si tratta di un cambio di prospettiva per riconoscere la presenza luminosa del Signore nel fondo del proprio cuore e scorgere quella stella che, al vederla, provoca una gioia grandissima (cfr. Mt 2,10). Infatti, solo la luce di Dio è capace di dissipare ogni buio, comprese le tenebre della vita. Anche se viviamo tempi di incertezze e paure, la gloria del Signore è più forte di ogni tenebra e la «luce della speranza cristiana, che raggiungere ogni persona, è come un messaggio d’amore che Dio rivolge a tutti e ciascuno» (cfr. Spes non confundit, 6).

«Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra» (Sal 71), abbiamo pregato al Salmo responsoriale. È l’eco di quanto San Paolo ci ha ricordato nella seconda lettura, rivelando il “mistero” della salvezza: in Cristo, ogni popolo è destinatario della stessa eredità. L’Epifania, infatti, ci ricorda che il Signore non fa preferenze e che tutti siamo coinvolti nel suo grande progetto d’amore. E «la stella ci parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia viva e concorde nella prosperità e nella pace (cfr  Is 2,2-5)» (Francesco, Omelia 6 gennaio 2025).

Anche la tradizione ha voluto sempre rappresentare i Magi con differente colore della pelle, proprio a motivo di quell’universalità che raffigura le diverse razze e, simbolicamente, i popoli delle tre grandi parti della terra conosciute a quel tempo, i quali convergono in quel luogo preciso per adorare il Signore.

È l’immagine di un invito che ci spinge a  superare confini e barriere, distinzioni e indifferenze (limiti a volte evidenti nel nostro essere), per «”abbondare nella speranza” (cfr. Rm 15,13) e testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo – come luce/stella – nel nostro cuore, così che ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza» (cfr. Spes non confundit, 18).

Nella possibilità per tutti e per ciascuno di incontrare il Signore Gesù, l’Emmanuele, il Dio-per-noi e il Dio-con-noi, la testimonianza e l’agire dei Magi ci insegnano tre cose fondamentali:

  1. La ricerca e la fiducia: questi uomini, sapienti della vita, seguono la stella senza stancarsi. È l’invito per ciascuno di noi a cercare Dio (sempre e di nuovo) con perseveranza, certi che «la speranza non delude» (Rm5,5).
  2. L’adorazione: a Betlemme, offrono oro, incenso e mirra, che nella letteratura dei Padri della Chiesa simboleggiano: la regalità (l’oro), la divinità (l’incenso) e la passione (la mirra). Ma soprattutto riconoscono in Gesù il centro della loro esistenza. Allo stesso modo, se anche noi rimettiamo Cristo al primo posto (al centro), la nostra vita cambierà di certo.
  3. Il ritorno per un’altra strada: dopo l’incontro con Gesù, i Magi non tornano da Erode. Anche noi, se sperimentiamo davvero la presenza di Dio, sentiamo il bisogno di cambiare rotta (di convertirci), abbandonando ciò che ci allontana da Lui.

San Gregorio Magno, commentando questa immagine evangelica, afferma: «Ritorniamo dunque alla nostra patria attraverso un’altra via: finiti lontano dai gaudi del paradiso a motivo dei piaceri terreni, possiamo far ritorno attraverso la penitenza. È perciò necessario, fratelli carissimi, che – sempre temendo e in preda all’incertezza – poniamo, dinanzi agli occhi del cuore, da una parte le colpe commesse e dall’altra il giudizio di estremo rigore» (San Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, pag. 145).

In questa Epifania dell’Anno Santo, vorrei sottolineare un messaggio fondamentale: Dio non è lontano o indifferente. Egli si manifesta nel Bambino di Betlemme per dirci che la sua luce è più forte di qualsiasi oscurità e che la speranza cristiana è vera e concreta e, per questo non delude. Se seguiamo la sua stella, potremo davvero “alzare lo sguardo”, aprirci alla missione della Chiesa e testimoniare al mondo un volto di misericordia e di unità.

Cari fratelli e sorelle,

mettiamoci allora in viaggio con la stessa fiducia dei Magi.

Accogliamo la luce del Signore, doniamogli i nostri talenti e lasciamo che la sua presenza ci spinga su strade nuove, piene di gioia e di carità. E, soprattutto, ricordiamoci che «la speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce» (Spes non confundit, 3), perché «tutto si è compiuto nella sorgente traboccante della Croce» (Dilexit nos, 97).

Amen!

+ Sabino Iannuzzi