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Stupore, gioia e pace: per un Natale di speranza. Messaggio natalizio di S.E.R. Mons. Sabino Iannuzzi

Alla Chiesa di Dio che è in Castellaneta
Stupore, gioia e pace: per un Natale di speranza

Carissimi fratelli e sorelle,

nell’accingermi a scrivere questo messaggio natalizio, ho dovuto anzitutto vincere la tentazione del formalismo della ricorrenza, come spesso accade in circostanze simili, per concentrarmi invece sulla possibilità di poter entrare nelle vostre case, bussando alla porta della vostra vita come un amico sincero. Un amico che, mettendosi in cammino, vi raggiunge per scambiare gli auguri di questo Santo Natale, con il cuore ricolmo dell’amore di un padre.

È un Natale particolare, quello che stiamo per vivere, perché, nella notte in cui «la luce vera vince le tenebre del mondo» (Gv 1,9), Papa Francesco, con l'apertura della “Porta Santa” della Basilica di San Pietro in Vaticano, darà inizio al primo Giubileo ordinario del XXI secolo.

La domenica successiva, il 29 dicembre 2024, festa della Santa Famiglia di Nazaret, anche noi qui in Diocesi vivremo la “solenne apertura dell'Anno giubilare”. Ci ritroveremo insieme alle ore 17.30 sul sagrato della Chiesa di San Michele Arcangelo in Castellaneta, per dare avvio al pellegrinaggio - segno tipico del Giubileo insieme a quello dell'indulgenza - verso la Chiesa Cattedrale, dove celebreremo l'Eucarestia. Invito tutti con gioia a partecipare, per condividere la bellezza di sentirci parte di questa Chiesa-Popolo di Dio in cammino, nella quale, in virtù del Battesimo, ciascuno (nessuno escluso) è chiamato a riscoprirsi protagonista di una vita che non avrà fine.

Un Giubileo che Papa Francesco ha voluto dedicare al particolare tema della speranza, virtù “teologale” che, per certi versi, può apparire paradossale in un presente tecnocratico fondato sul controllo e la programmazione.

Scrive il Papa nella Bolla con cui ha indetto l'Anno giubilare:

«Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità» (Spes non confundit, 1).

Dinanzi al clima socioculturale e, perché no, anche religioso, che stiamo vivendo -segnato da una progressiva e preoccupante crisi della speranza - Papa Francesco, sostenuto dalla certezza paolina che «la speranza non delude» (Rm 5,5) auspica che quest’anno sia «per tutti l’occasione per sperimentare l’incontro vivo e personale con il Signore Gesù e così rianimare questa particolare virtù» (cfr. Spes non confundit, 1).

Non c’è circostanza migliore per ravvivare la speranza che è in noi, se non iniziando dal celebrare il Natale del Signore Gesù, che ancora una volta accetta l’umiltà e la fragilità della nostra storia personale e «viene e supera tutte le distanze, si fa vicino a noi, come le cose più semplici e quotidiane dell’esistenza. Infatti, Egli ha un altro nome, che è “Emmanuele” e significa “Dio con noi”, Dio vicino alla nostra vita, che vive in mezzo a noi; che si è incarnato e “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo” (Fil 2,7)» (cfr. Dilexit nos, 34).

La rivoluzione della tenerezza di Dio, che «ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili» (Lc 1,52), continua a interpellarci «per dare testimonianza alla luce» (Gv 1,7) in una modalità profetica richiamata dalla figura di Giovanni Battista.

In questi giorni di preparazione al Natale, come ho fatto fin dall’inizio del mio ministero nella Chiesa di Castellaneta, ho avuto la gioia di visitare alcuni luoghi significativi del nostro territorio, sperimentando la grazia dell’incontro. In essi ho riconosciuto l’attualità di ciò che Gesù annuncia nel “discorso sugli ultimi tempi” parlando del giudice divino che ha dato la vita ed intercede per noi (Rm 8,34) e ci richiama a compiere le opere di misericordia corporale, nella consapevolezza che «tutto quello che abbiamo fatto o non fatto a uno solo di questi più piccoli, l’abbiamo fatto e non fatto a Lui» (cfr. Mt 25,31-46).

Non posso non ricordare, tra questi momenti, lo “stupore” degli operai dell’Unicalce di Palagiano, per alcuni dei quali non sarà di certo un Natale facile a causa di contingenti problemi di lavoro; così come la “gioia” che ho colto sui volti e nelle mani dei sedici fratelli e sorelle che ho salutato nei loro letti di dolore nell’Hospice del Presidio Ospedaliero di Mottola, amorevolmente assistiti da medici e infermieri dotati di una straordinaria carica di umanità e un sorriso travolgente; e ancora la “pace” del signor Antonio, ospite del servizio di salute mentale del Presidio Territoriale di Assistenza di Massafra, il quale ha voluto offrirmi un caffè da gustare insieme, seduti attorno a un tavolo.

Storie di vita che rendono concreta la tenerezza di Dio, il quale ci guarda con occhi colmi d’amore e accarezza la nostra fragile umanità perché è follemente innamorato della nostra piccolezza, facendosi Lui stesso dolcezza per esserci vicino. E noi? Accogliamo questa tenerezza? Ci lasciamo avvolgere o gli impediamo di accostarvisi? Perché non è tanto Dio ad aver bisogno di essere cercato, quanto noi di lasciarci trovare da Lui, «che è venuto nella debolezza della carne, viene nella potenza dello Spirito e che verrà nella maestà della gloria» (San Bernardo, Discorso 5 sull’Avvento, 1).

In questo Natale, che inaugura l’Anno giubilare, desidero affidarvi tre parole, emerse proprio da questi incontri, che rappresentano altrettanti passi verso la speranza. Una speranza a cui «dobbiamo afferrarci saldamente, poiché in essa abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita, la quale penetra fin nell’interno del santuario, dove Gesù è entrato per noi come precursore» (cfr. Eb 6,18-19). 

Il primo passo è lo stupore.

Di fronte al Dio che si fa Bambino, non possiamo che riconoscere l’incredibile prodigio con lo stupore dovuto, come fa quel pastore dei presepi – che l’arte napoletana chiama “l’Incantato” o “il Meravigliato” – con le braccia aperte e il viso estasiato, a esprimere meraviglia davanti al Bambino di Betlemme.

Senza questo stupore non è possibile vivere pienamente il mistero del Natale.

Vi auguro che, nei prossimi giorni, possiate essere commossi da Dio e di risvegliare la fanciullezza che è nascosta in ciascuno, meditando, pregando, partecipando alla liturgia e contemplando il presepe realizzato in casa o quello allestito nelle nostre chiese.

Allo stupore deve seguire la gioia.

Ai pastori – persone semplici, illetterate e timorate di Dio – un angelo disse: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Il Natale è sempre un’occasione “altra”: che ci parla di novità e ci invita a metterci in cammino verso Betlemme, abbandonando le nostre consuetudini per accogliere il Signore. Diventiamo, dunque, testimoni di gioia per contagiare positivamente i fratelli e le sorelle che incontriamo.

È anche un invito – sull’immagine della Porta Santa che Papa Francesco aprirà a San Pietro – a far nostre le celebri parole di San Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!». Proviamo a ripeterle spesso a noi stessi in questi giorni, accompagnandole con segni concreti di speranza: ascolto, accoglienza e accompagnamento. In tal modo, nessuno resterà escluso, per causa nostra, dalla festa del Natale e dalla sua gioia.

Infine, il terzo passo è la pace.

Come ho già scritto nel messaggio di auguri alla «Cara scuola che è nella Diocesi di Castellaneta», il primo Natale fu reso possibile grazie a una donna e a un uomo che seppero offrire alla Vita uno spazio terreno in cui iniziare a esistere. Oggi come allora, non può esserci Natale senza lo spazio di pace necessario affinché la Vita possa venire al mondo – e quella che già c’è possa rimanervi – nonostante il terrificante scenario di morte che ogni giorno ferisce lo sguardo e il cuore dell’umanità, attraverso immagini spaventose di migliaia di vittime innocenti, specialmente tra i bambini.

Non è possibile rimanere indifferenti di fronte all’assordante grido che sale dai cruenti fatti della storia, in Occidente come in Oriente. Ricordiamoci che, al momento, con i conflitti in Ucraina-Russia e nella stessa Terra di Gesù, ben 56 scenari di guerra coinvolgono direttamente 91 nazioni.

L’invito è a non abituarci, rischiando di lasciarci assuefare al male sempre in agguato, memori di quanto scriveva Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace nel 1986, in occasione del suo discorso alla Casa Bianca il 12 aprile 1999:

«L’opposto dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza. L’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, ma l’indifferenza. L’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza alla guerra. L’opposto della vita non è la morte, ma l’indifferenza alla vita o alla morte».

Nella Notte del Dio-fatto-uomo la differenza tra il potente Erode e i pastori è stata la disponibilità a lasciarsi scomodare: i pastori si sono messi in cammino verso il luogo indicato, hanno incontrato e non hanno ceduto all’indifferenza, che è la vera minaccia alla vita e al Natale.

La mia personale sensazione è che, di fronte ai macro-conflitti così come a quelli “micro”, che si consumano quotidianamente nei nostri ambienti di vita, si ceda spesso alla tentazione dell’indifferenza, rinunciando a ogni responsabilità e arrendendosi a una rassegnazione passiva.

Eppure è proprio a Natale che, più che mai, dobbiamo ritrovare la forza e l’audacia per dirci che guerre e conflitti, grandi o piccoli che siano, possono – e devono – avere fine, prima che a finire sia l’umanità e la meravigliosa ricchezza delle nostre relazioni.

Se vuoi, puoi. Fallo con amore!

Con questi sentimenti e con vivo affetto, vi auguro di cuore un Santo Natale, colmo di stupore, gioia e pace.

A tutti coloro che incontrerete, portate l’abbraccio del Signore che nasce per noi e cammina con noi. Vi benedico con gratitudine e vi aspetto per iniziare insieme il nostro cammino giubilare,

Buon Natale!

Castellaneta, 23 dicembre 2024

+ Sabino, vescovo